martedì 15 luglio 2014

Prinetti&Stucchi, la bicicletta di Alfredo

Ma vediamo più nel dettaglio con quale ‘mezzo’ Alfredo si sia sobbarcato il suo lungo viaggio. Abbiamo già detto la marca della sua bici, una Prinetti&Stucchi, acquistata nel 1894.


Le biciclette di questa foggia esistevano solo da qualche anno. Prima di esse si aveva la Draisina, perlopiù con telaio in legno, senza pedali, mossa dai piedi del conduttore.

Poi il Biciclo, ovvero quel particolare mezzo, mosso a pedali, con una grande ruota anteriore ed un ruotino posteriore. Si ha traccia della prima Bicicletta (come quella di Alfredo e dei giorni nostri), ovvero con due ruote delle stesse dimensioni e una trasmissione con catena e pignone fisso, solo attorno al 1884 (quindi appena 10 anni prima di quella acquistata da Alfredo!).

Ma soprattutto non perdetevi questo simpatico video!

Evolution of the Bicycle from Visual Artwork on Vimeo.



Dicono che Alfredo abbia acquistato la sua al negozio di Filippo Zoli, detto La Pera. Si trovava in corso Garibaldi a Bologna. Nel 1894, appena tre anni prima del suo viaggio. Ha scelto una Prinetti Stucchi (1). Moderna fabbrica di macchine per cucire, la Prinetti e Stucchi, fondata a Milano nel 1883, ben presto inizia a produrre anche le biciclette. Evidentemente il mercato del lusso comincia a richiederle. Già, perché allora la bici era un vero lusso.

Nel 1894 le biciclette, anche quelle sportive, come il modello acquistato da Alfredo, non hanno certo né cambi, né moltipliche, né freni posteriori. Si tratta di un essenziale telaio in ferro con manubrio, pedali, ruote e catena, ed ovviamente un sellino. Nel suo caso è di tipo anatomico, un Christy, a due cuscinetti separati. Era solo da pochi anni che si producevano biciclette degne di questo nome. In precedenza le fogge erano davvero singolari, e guidarle doveva essere un difficile esercizio d’equilibrio. Ma anche una vera impresa di sopportazione stoica del dolore, in tutte le parti del corpo.

Dalla prima draisina, rudimentale antenato del velocipede, azionata dalla spinta dei piedi sul terreno e presentata a Parigi il 5 aprile del 1818, la bicicletta si evolve nel corso dell’Ottocento attraverso forme sempre più perfezionate: dal primo modello azionato da una forza motrice trasmessa alle ruote, costruito nel 1840 dal fabbro scozzese Kirkpatrick Mac Millan, fino all’invenzione del pedale messo a punto dal francese Ernest Michaux nel 1855. Dai primi strani oggetti come il ‘mostro’ del parigino Victor Renard costruito nel 1877, con una ruota anteriore alta tre metri (la gran-bi), la bicicletta assume una forma definitiva nel 1897 attraverso l’invenzione della ruota libera che permette di sospendere le pedalate per riposare. Definitivo, verso la fine dell’Ottocento diviene anche il nome di quel mezzo meccanico che via via aveva assunto denominazioni fantasiose legate agli inventori di modelli sempre più perfezionati, o alle caratteristiche tecniche del veicolo: cavallo di legno, celerifero, velocifero, draisina, michaudina, velocipede, bicicletto e, finalmente nell’ultimo decennio del secolo, bicicletta” (2).





1. Ennio Dirani, Prefazione, in Alfredo Oriani, op. cit. In realtà non so da dove Ennio abbia evinto questa informazione, che mi pare convincente; sebbene altri sostiene invece che “lo scrittore ravennate nell'estate del 1897 compì un solitario viaggio dalla Romagna alla Toscana in sella ad una Bremiambourg da corsa a ruota fissa”, in Stefano Pivato, La bicicletta e il sol dell'avvenire. Sport e tempo libero nel socialismo della Belle époque, Ponte alle Grazie, Firenze, 1992, p. 129

2. Stefano Pivato, Inno alla gioia. Elogio della fatica, in In bicicletta, a cura di Stefano Pivato, Loretta Veri e Natalia Cangi, Il Mulino, Bologna, 2009, pp. 9-10

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