La mia passione per la bicicletta, come la sua, giunge in
età avanzata, ma non per questo meno forte, meno avvertita, meno coinvolgente.
Sono più vecchio di Alfredo. Ho fatto la mia professio fidei cyclistica, come la
definisce con pomposa e simpatica ironia Ennio Dirani (che su Alfredo ha steso
fiumi d’interessante inchiostro) solo pochi anni fa, quindi oltre un decennio
dopo di lui. Ma come lui, ho cominciato inforcando solo bici a scatto fisso.
Per lungo tempo non ho provato l’emozione di inerpicarmi per un erto pendio agevolato
dai comodi rapporti di velocità. O quella di scalpitare giù per un ripido
declivio, a ruote libere e rassicurato da due potenti freni, anteriore e
soprattutto posteriore. Amo passare con la mia bici fissa nel viale a lui dedicato
nel mio marittimo buen retiro,
offrendogli ogni volta un affettuoso ricordo. Trascorro molto del mio tempo
libero in una traversa di Viale Oriani, una strada dedicata ad un altro nome
fin troppo evocativo e letterario, Viale Dante. Ineluttabilità del destino? O ironia
della sorte? Entrambe, forse.
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